Disabilità fisica

 

 

 

The only thing a golfer needs is more daylight.

Ben Hogan

 

 

 

 

 

Incontro/scontro di definizioni.
Che cos’è l’handicap (hcp) per un golfista? Semplicemente il numero di colpi di vantaggio che vengono riconosciuti ai giocatori dilettanti, numero che varia in base alla qualità di gioco: più il giocatore è principiante più il suo hcp sarà alto. Cioè: il golf non ti chiede perché giochi meglio o peggio di un altro, se sei disabile o se hai talenti particolari, ti chiede solo con quanti colpi mediamente concludi il giro. Poi, per mantenere divertente il gioco e per permettere a tutti di competere, livella le differenze di abilità assegnando dei colpi di vantaggio a chi ne ha bisogno. Infine si parte tutti per la gara e chi riuscirà a dare il meglio di sè, vincerà: tutti potrebbero. Naturalmente il giocatore che nel tempo migliora il proprio gioco, vedrà, ad ogni torneo ben riuscito, abbassarsi il proprio hcp. È la sfida infinita di ogni golf amateur di questo pianeta e per vincerla non servono nessun tipo di talento, nessuna dote fisica, nessuna predisposizione speciale: servono solo… giornate più lunghe.

 

Una schiena logico-matematica.
Lo swing, considerato un gesto atletico tra i più complessi, può essere sintetizzato in maniera estrema come una torsione della schiena intorno al proprio asse (la spina dorsale). In senso orario per caricare il colpo, in senso inverso per “picchiare”. La testa del bastone disegnerà come un’orbita intorno al collo e nel punto più basso colpirà la palla. Su questa base ci costruiamo tantissimo, la flessione di braccia e polsi, la pronosupinazione degli avambracci, il trasferimento del peso… tutti particolari per aggiungere potenza e precisione. Particolari raffinati, straordinari, utilissimi, ma per quella che è la mia esperienza mi sento di darvi questa dritta: quando impostate l’orbita, è la schiena che non deve sbagliare i calcoli!

 

E ci metto pure Darwin.
I ritmi e le dinamiche del nostro complicatissimo gioco ci permettono di suddividere lo swing a piacere in segmenti più piccoli, per facilitarne la memorizzazione e ogni segmento può essere ripetuto con qualche variazione per cercare quella che meglio si conforma alle nostre predisposizioni. Un po’ come il pilota di formula uno con lo staff dei meccanici, permettendo al giocatore delle vere e proprie sperimentazioni su se stesso.
In prima approssimazione possiamo dire così: il bastone da golf è lanciato contro la pallina da una forza che viene generata fondamentalmente dalla rotazione del corpo e trasmessa da braccia e polsi. Come sviluppare la forza originaria che mette in rotazione il corpo e come trasmetterla su una traiettoria che sia quella desiderata è effetto di molti accorgimenti, ognuno seleziona i suoi, o addirittura ne crea di nuovi, personali. Non ci sono criteri estetici nel valutare lo swing, o legati all’uso o alla tradizione, l’unico giudizio che conta è quello della pallina: se vola potente e precisa quell’architettura passa l’esame, diversamente va ripensata. Né la pallina conosce la differenza tra disabile e normodotato, semplicemente la sfida è: chiunque voi siate, comunque voi siate, imparate a conoscere il vostro corpo e costruitegli intorno uno swing adeguato, perché nella incessante ricerca del gesto più efficace, non vince il migliore, questo è un grande equivoco, vince the fittest, il più adatto!